Scoperto un circuito per il riconoscimento delle emozioni

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 25 maggio 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sopravvivenza negli ambienti naturali richiede che gli animali abbiano, fra le altre risorse, funzioni e abilità, la capacità di rilevare, individuare e riconoscere le emozioni, sia nei propri simili che nei membri di altre specie, e sappiano agire in modo appropriato e conseguente a ciò che l’emozione altrui consente di prevedere. Si pensi alla capacità di riconoscere l’emozione in una preda o in un predatore, oppure in un membro della propria specie, ma estraneo al proprio gruppo di appartenenza. La ricerca più recente ha fornito vari dati sulle basi neurali di questa funzione, ma non si ha ancora un quadro concettuale coerente per interpretare i risultati sperimentali e manca la certezza sull’esistenza di un sistema neuronico, una via o un circuito dedicato a questa abilità. In pratica, non si conosce il modo in cui è elaborata l’informazione sociale per un riconoscimento emozionale inequivoco, affidabile e immediato, quale quello rilevato in molte specie animali.

Daniel Dautan e numerosi colleghi, basandosi sulle più recenti acquisizioni, hanno condotto uno studio che ha consentito loro di individuare una rete cerebrale a lungo raggio, conservata nel corso dell’evoluzione, e capace di mediare, attraverso attività eccitatorie e inibitorie, questi processi che elaborano in termini cognitivi l’esperienza sociale di stati emozionali visivamente percepiti in altri individui.

(Dautan D. et al. Cortico-cortical transfer of socially derived information gates emotion recognition. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-024-01647-x, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Genetics of Cognition Laboratory, Neuroscience area, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova (Italia); Centre for Population Neuroscience and
Stratified Medicine (PONS), Institute for Science and Technology of Brain-inspired Intelligence, Fudan University, Shanghai (Cina); Functional Neuroimaging Laboratory, Center for Neuroscience and Cognitive Systems, Istituto Italiano di Tecnologia, Rovereto (Italia); Optical Approaches to Brain Function Laboratory, Istituto Italiano di Tecnologia, Genova (Italia); Department of Biomedical and Biotechnological Sciences, University of Catania, Catania (Italia); Centre for Population Neuroscience and Stratified Medicine (PONS), Department of Psychiatry and Psychotherapy, CCM, Charite Berlin University of Medicine, Berlin (Germania).

Negli ultimi venti anni, le basi neurali della comprensione delle azioni e delle intenzioni degli altri sulla base dell’informazione visiva sono state indissolubilmente legate al lavoro di Giacomo Rizzolatti e dei suoi colleghi Gallese, Fadiga, Fogassi e altri, che hanno scoperto i neuroni specchio, ossia un sistema di neuroni (mirror neurons system) localizzato nell’area F5 della corteccia motoria ventrale anteriore e che, oltre a scaricare quando una scimmia o una persona afferra, strappa o mantiene, scaricano quando un soggetto vede un altro, scimmia o persona, compiere questi atti. In altre parole questi neuroni rappresentano nell’area F5 l’azione compiuta da un altro individuo come un atto motorio potenziale.

A lungo ci si è interrogati sulla funzione di questo sistema neuronico e oggi, seguendo una delle prime idee di Giacomo Rizzolatti, si è concordi nel riconoscere un ruolo di comprensione sociale: un passo essenziale dell’evoluzione biologica della cognizione sociale è la nostra abilità di interagire l’uno con l’altro in modo significativo e costruttivo; la base neurale di questa abilità, così come la sua origine filogenetica, consisterebbe nell’attività di questi neuroni che consentirebbero di comprendere il senso di ciò che fa un altro e/o le sue intenzioni, basandosi sull’esperienza delle azioni.

Probabilmente questo sistema neuronico rappresenta la componente più “di base” di una rete di sistemi che consente la comprensione dal comportamento. Sono state individuate altre regioni corticali implicate nella comprensione delle intenzioni altrui a un livello di integrazione più alto e tipicamente umano: territori prossimi al solco temporale superiore e aree corticali rostro-mediali. Vari studi indicano un difetto nel sistema dei neuroni specchio nei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD), anche se altri sembrano indicare una base di deficit neuroevolutivo più estesa.

Ma ora torniamo allo studio di Daniel Dautan, Francesco Papaleo e i loro numerosi colleghi.

Il primo passo, che ha aperto la strada alla scoperta, è consistito nell’individuare nel lobo frontale una specifica popolazione di cellule nervose inibitorie con lunghissimi assoni in grado di raggiungere la regione cerebrale posteriore allo splenio del corpo calloso. In particolare i ricercatori, mediante tracciamento anatomico nel cervello di topo, hanno individuato nella corteccia prefrontale mediale (mPFC, da medial prefrontal cortex) una sub-popolazione di interneuroni GABAergici positivi alla somatostatina (cellule SOM-GABA), i cui assoni si estendevano fino a formare sinapsi inibitorie su neuroni post-sinaptici della corteccia cerebrale retro-spleniale (RSC, da retro-splenial cortex).

Gli esperimenti successivi sono consistiti in manipolazioni allo scopo di indagare l’attività funzionale di questa lunga connessione. Attraverso manipolazione optogenetica e fotometria delle fibre con imaging del Ca2+, nel topo, e grazie allo studio mediante neuroimmagini funzionali (fMRI) in volontari per l’indagine nel cervello della nostra specie, i ricercatori hanno rilevato, accertato e dimostrato la partecipazione al processo di riconoscimento delle emozioni altrui nell’esperienza sociale di queste fibre di proiezione assonica a lunga gittata, delle cellule SOM-GABA dalla mPFC alla RSC, insieme con un loop di feedback eccitatorio dalla RSC alla mPFC.

Studiando i modelli murini adottati nella ricerca sui disturbi dello spettro dell’autismo e altre sindromi psichiatriche caratterizzate dal deficit di rilevazione/riconoscimento degli stati affettivi ed emozionali altrui, Daniel Dautan e colleghi hanno verificato che la lunga via di connessione dalle cellule inibitorie SOM-GABA della mPFC ai neuroni RSC è assolutamente disfunzionante. In altre parole, le alterazioni che determinano il fenotipo comportamentale dell’indifferenza agli stati affettivi ed emotivi degli altri comportano la lesione di questo circuito inibitorio con feedback eccitatorio, che va da una regione di alto livello di integrazione e attività cognitiva alla corteccia situata dietro lo splenio del corpo calloso, implicata in molti processi di elaborazione, inclusi quella della vicina corteccia calcarina. I ricercatori hanno allora sperimentato la stimolazione del circuito da loro scoperto in questi modelli murini di deficit del riconoscimento emozionale, ottenendo un ristabilirsi della funzione fisiologica.

L’evidenza di questa conferma sembra dissipare ogni dubbio sulla funzione del nuovo circuito individuato da Dauntan e colleghi. Concludendo, non ci sembra superfluo sottolineare che si tratta di un circuito cortico-corticale, con tutte le implicazioni teoriche che questo comporta per gli studi che si conducono in questo campo.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-25 maggio 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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